One Billion Rising il flash -mob piú grande della storia contro la violenza sulle donne é passato ma é ancora vivo il ricordo di quell’immaginario girotondo intorno alla terra di miliardi di donne che hanno danzato per dire ‘basta’ alla violenza degli uomini, basta alle 48 donne stuprate ogni 2 minuti in Congo.
Resterà impresso anche nel ricordo di un nutrito gruppo di studenti della SUF* che ha partecipato a questo evento gioioso, ripreso e raccontato minuto dopo minuto dai social networks. Purtroppo gli episodi di violenza sulle donne non sono diminuiti, sono in netto aumento.
Il successo di questa pacifica manifestazione globale ha sollevato reazioni diametralmente opposte.
Da un lato molte femministe e addette ai programmi educativi hanno considerato inutile questo tipo di campagna, come Natalie Gyte – Responsabile della Comunicazione del Women’s Resource Centre, che riunisce le associazioni di volontariato per le donne in GB, nelle pagine dell’Huffington Post” del 14 Febbraio scorso dichiara:
“La danza di queste donne non avrá nessun effetto sui loro perpetratori di violenza, o potenziali tali. I programmi educativi sul territorio sono la forma di deterrente piú efficace. La consapevolezza delle donne non cresce con la quantitá di articoli pubblicati, non capisco perché le nostre iniziative che si concentrano sul facilitare il cambiamento da parte delle donne stesse non siano sufficienti”
Dall’altro lato una autorevole sostenitrice della campagna, Neema Namadamu, a capo del Ministero dell’Educazione in Congo sostiene “Come donna congolese, attivista e operatrice dei programmi educativi credo che quest’ultimi siano essenziali ma non sufficienti” e precisa che l’evento del 14 Febbraio scorso é stato organizzato volutamente lo stesso giorno dell’anniversario dei 15 anni di lavoro con le vittime della violenza.
Neema dichiara con forza “Avevamo e abbiamo bisogno di denunciare le nostre sofferenze al di fuori delle pareti domestiche, di richiamare l’attenzione del mondo sul tema violenza contro le donne, e grazie a Even Esler** che ha ideato e promosso la campagna, abbiamo potuto far sï che i problemi delle donne congolesi, afgane, indiane diventassero un problema universale, al di lá dei confini geografici. Adesso ci sentiamo parte di un unico mondo, siamo una unica voce fatta da piú di 200 paesi diversi che dice basta alla violenza sulle donne”
Un altro importante punto, che ha sollevato polemiche e che Natalie G. critica é
“Il rifiuto da parte delle donne di riconoscere nel sistema patriarcale sciovinista la radice del problema della loro segregazione e della loro sottomissione al peggiore dei maschilismi.”
Le sostenitrici della campagna invece dichiarano che gli uomini devono essere inclusi perché la violenza non ha genere, e affligge la societá intera.
Quindi piú potere a OBR? Lavoriamo per replicare la grande Riconciliazione di Nelson Mandela in Sud Africa e per raccogliere il grande messaggio di pace delle proteste non- violente di Gandhi?
Una cosa é certa: l’esclusione genera violenza e la violenza richiama altra violenza.
Solo perdonando il proprio persecutore potrá nascere una società più equa e giusta.
* Tra gli studenti che hanno partecipato all’evento Karli Bromley, che sta facendo un tirocinio presso l’associazione “Artemisia- Centro Donne contro la Violenza- Catia Franci”
**Even Esler: drammaturga, attrice, poetessa, attivista -femminista americana e fondatrice di OBR. L’ opera che l’ha resa famosa in tutto il mondo é la commedia “Racconti della Vagina/Vagina Monologues” (1996)
Riferimenti:
Libreria delle Donne, Via Fiesolana, Firenze. (zona Santa Croce)
Artemisia -Centro Donne contro la Violenza – Catia Franci ” www.artemisiacentroantiviolenza.it