Dopo Paolo Valerio, professore di psicologia all’Università di Napoli, SUF ha ospitato la conferenza di Riccardo Petrella professore di economia all’Università di Lovanio in Belgio, il 13 Marzo scorso. Valerio e Petrella sono accomunati dalla battaglia contro la disparità e l’esclusione. Valerio per affermare l’identità di genere, Petrella a favore di più di 2 miliardi di persone che vivono con 2,5 dollari al giorno nella cosiddetta ‘società affluente’.
Riccardo Petrella ha un curriculum di tutto rispetto. In particolare, dal 1978 al 1994 ha guidato la Commissione di previsione e valutazione in scienza e
tecnologia (Programma FAST, Forecasting and
Assessment in Science and Technology) della
Commissione dell’Unione Europea, a Bruxelles. Nel 1991 ha fondato il Gruppo di Lisbona,
formato da docenti, imprenditori, giornalisti e leader culturali, per promuovere un’analisi critica delle attuali forme di globalizzazione. Nel 1997 ha istituito il Comitato Istituzionale per il Contratto Mondiale dell’Acqua, presieduto da Mario Soares. Dal 1982 è professore presso l’Università Cattolica di Lovanio (Belgio).
Parliamo (e diamo la parola) di un intellettuale che ha sempre difeso e sostenuto che lo sviluppo di un paese non si misura con il PIL ma sul reddito minimo garantito, sui numeri degli occupati e non sui costi/ricavi, sull’istruzione accessibile a tutti come pure sulla garanzia alla salute e alla sicurezza dei suoi cittadini.
C’è una forte attesa per quello che Petrella dirà durante l’evento SUF. Il pubblico si aspetta che il professore indichi le azioni da intraprendere per sconfiggere la povertà dei due miliardi di persone sulla terra. La domanda è: esiste una ricetta risolutiva, in grado di andare oltre le politiche internazionali per l’azzeramento del debito (che, in sostanza, hanno fallito), oltre le politiche votate semplicemente allo sviluppo della produzione? Quelle che sostenevano che il solo aumento dello 0,1 in percentuale del prodotto interno lordo di ogni paese a favore dei poveri avrebbe colmato tutte le disparità (politiche che, come tutti possono osservare, sono svanite di fronte alla crisi internazionale).
Rimarranno probabilmente delusi quelli che pensano di sentire subito snocciolare dati, percentuali che ‘fotografano’ la realtà ma non la cambiano. Petrella chiede a tutti di indossare altre lenti per rielaborare il concetto ‘povertà’, solo con ‘altre lenti’ sarà possibile comprendere fino in fondo il messaggio che arriva dalle tesi del professore.
Si definisce “l’operaio della parola” , la malta per la sua cazzuola è tutto il suo patrimonio intellettuale condiviso per liberare le energie positive con le quali ricollocare l’uomo al centro dei processi decisionali. Crede ancora nel potere maieutico del dialogo, inizia quindi a costruire i suoi sillogismi con perizia, mette in campo tutta la sua eloquenza per ‘accompagnare’ chi lo ascolta verso orizzonti per alcuni ignorati, per altri dolorosamente dimenticati, e per altri ancora sconosciuti. E’ un esercizio faticoso per noi oggi assuefatti alla società delle idee ‘ready-made” che puoi acquistare in blocco, mettendo in stand by il proprio cervello, sapendo che ci sono altri che lo fanno per te.
E allora seguiamolo, cominciamo a destrutturare il concetto che la povertà è una condizione naturale, che si nasce poveri, che il povero è colui che non riesce a mutare la sua condizione perché non è in grado di farlo, viceversa la povertà è un prodotto della società dei consumi, è il risultato di economie predatorie che perpetuano il loro funzionamento negando a 2 miliardi di persone il diritto alla vita, o a una vita dignitosa.
Petrella, in sintesi, sostiene che anche coloro che dichiarano di volere abolire la povertà non fanno altro che scavare un solco ancora più profondo dell’esclusione , del mondo diviso in ricchi e poveri.
Ed è invece solo attraverso la consapevolezza che tutti gli esseri umani hanno diritto ai beni essenziali e insostituibili collettivi come l’acqua, l’aria, le foreste, le fonti di energia, che sarà possibile intraprendere azioni efficaci, progettare e dispiegare misure alternative a quelle che mirano a sostenere lo sviluppo attraverso la privatizzazione dei servizi pubblici.
I paesi scandinavi ci sono riusciti In Danimarca , una parte della ricchezza prodotta dal capitale privato viene condivisa per pagare l’accesso all’acqua, alla salute,all’educazine degli altri, di quelli che non lavorano.
Petrella concluderà il suo intervento sostenendo che è tempo che la politica e lo Stato riprendano i ruoli per cui sono nati, assicurando la piena sovranità delle risorse e la sicurezza dei propri cittadini, abbandonando modelli iperliberistici che hanno portato alla privatizzazione dei beni pubblici, alla deregulation selvaggia e, alla fine, alla monetizzazione anche dei diritti fondamentali .
Petrella, oggi più pragmatico, non accenna alla ‘grande utopia’, quella che mira a reinventare sistemi basati sul principio della gratuità partendo da forme organizzate a livello locale, come l’economia di prossimità, dei circuiti corti fino al livello mondiale attraverso forme di transnazionalità e di transterritorialità.
Quello che conta oggi è che l’iniziativa parta dal basso.
Allora, forza, avanti dichiariamo illegale la povertà! Questo è il primo passo!
Riferimenti:
www.banningpoverty.org