Carlo il Decoratore, una Storia Emblematica di Giulia Chellini – Università di Firenze

blogFOTOGIULIAgeniusloci decoratoreSono Giulia, una studentessa dell’Università degli Studi di Firenze, mi sto per laureare in Lingue Straniere. Un anno fa ho avuto il piacere di fare un tirocinio(= internship) presso la SUF nel Dipartimento di Italiano che mi ha dato la possibilitá di conoscere i suoi studenti. Ho apprezzato il loro interesse per la cultura italiana e soprattutto per l’arte di Michelangelo, Botticelli o Raffaello, ma come avranno notato, il bello non si ferma alle opere dei grandi, pervade tutte le cose della Toscana

Esiste un sustrato culturale fatto di conoscenze locali, artistiche, di consuetudini che non trovano posto nelle guide turistiche ma che va ricercato nella pura “Toscanità”,
nei piccoli paesi e nei loro abitanti. Persone comuni che animano con grazia i villaggi della Toscana.

Sono quasi 300 i comuni di questa regione,  concentrati in tre zone: centro-nord, nord-ovest e sud est. Metâ del territorio conserva  ancora boschi e vallate  come li dipingeva Leonardo nei suoi quadri.

Come pure si tramandano di generazione in generazione l’arte dei manufatti, le tecniche, ma soprattutto la sensibilitá al bello. Un senso estetico armonico che caratterizza i toscani indipendentemente dal loro titolo di studio.

A questo proposito vorrei raccontare la storia emblematica di Carlo Chellini, un ceramista in pensione. L’ho incontrato nella sua casa sulle colline di Scandicci, una decina di chilometri a nord di Firenze. Mi ha accolto nel salotto  tappezzato di quadri dipinti dal padre, decoratore anche lui in una fabbrica di ceramiche.

blogGeniuslociGiulia:  Carlo, come nasce la sua passione per la ceramica e qual è stata la sua formazione?

Carlo: All’età di 12 anni ho cominciato a lavorare in una fabbrica di ceramiche in Via Lungo l’Affrico come ‘ragazzo di bottega* . Anche mio padre era un decoratore di ceramica oltre ad essere un pittore che aveva studiato alla Scuola Libera del Nudo a Firenze, era anche un riproduttore di miniature su commissione di alcuni orafi di Ponte Vecchio. Diciamo che ho vissuto in un ambiente dove si è sempre respirata l’arte e la passione per la pittura, ma non avevo mai dipinto prima di entrare a lavorare in fabbrica Dopo aver fatto di tutto, incluso le pulizie, ho imparato le basi dell’arte della ceramica, piú guardando che praticando. A 17 anni ho dovuto abbandonare questo settore e ho cominciato a lavorare con  il fotolito in una tipografia, per 20 anni.

 Giulia: Ha abbandonato del tutto la ceramica ?

Carlo: Sí durante gli anni del fotolito ho continuato a dipingere solo per diletto, realizzando quadri e disegni, spesso ritraendo i miei familiari, o semplicemente dei paesaggi. E’ stato invece nel 1987 che, terminato il lavoro con la ditta di fotolito, ho deciso di cominciare a realizzare ceramiche, basandomi sui ricordi di quando ero ragazzo nella fabbrica di cui ti ho parlato. E’ stato quasi come ricominciare daccapo; ho allestito il forno per la cottura dell’argilla in una stanza in giardino e ho iniziato a fare pratica, arrivando piano piano a perfezionarmi. Ho poi aperto un negozio a Scandicci, dove esponevo e dipingevo i miei manufatti. Tutto questo fino a che non sono andato in pensione.

DSC_1401Giulia: Ma a cosa si ispirava nel dipingere le sue ceramiche?

Carlo: Beh, anche qui, possiamo far risalire tutto alla mia esperienza da ragazzo. Il datore di lavoro della fabbrica in Via Lungo l’Affrico decantava moltissimo le maioliche medievali e rinascimentali, e ricordo che mio padre mi portava spesso al Bargello e allo Stibbert ad ammirarle. Perciò ho cominciato a riprodurre le vedute di Firenze,  paesaggi in stile medievale o rinascimentale.  Facevo vasi e piatti al tornio, li cuocevo nel forno e poi li dipingevo.

Giulia: come é andata l’attivitá del suo negozio?

Carlo: Per una decina di anni bene, le mie ceramiche erano apprezzate e vendevo abbastanza, poi con la globalizzazione tutto é cambiato. Ad esempio la fabbrica in cui lavoravo da ragazzo, produceva soprattutto per il mercato americano, oggi gli Stati Uniti preferiscono comprare in Cina. Anch’io non ho venduto quasi piú niente. Sono stato costretto a chiudere. E’ molto triste dirlo ma l’artigianato va a morire per un fattore economico e di mercato, si tende a ridurre i costi ed aumentare la produzione, quando invece, un artigiano lavora giornate intere per realizzare e decorare un vaso. Ma non è solo questo, i ritmi veloci, la massificazione e la massimizzazione dei profitti portano inevitabilmente ad un decadimento del gusto e ad un abbandono della  ricerca del bello. E’ un processo da cui non si sfugge, i piccoli artigiani con le loro botteghe vengono schiacciati e con loro  tutto quel ‘saper fare’ che per secoli ci ha contraddistinto nel mondo.

 *Ragazzo di bottega = come al tempo delle botteghe del Rinascimento i giovanissimi apprendisti imparavano a fare una fase del manufatto.,Dopo i primi anni di lavori umili, come pulire, trasportare materiali ecc,  il maestro decideva  in cosa l’apprendista eccelleva maggiormente e lo impegnava  a specializzarsi.

Riferimenti: cfr. Facebook : Syracuse University in Florence / Partners. Una serie di artigiani presso cui gli student SUF svolgono il loro ‘Internship’

Lo scorso Marzo, come ogni primavera, le famiglie degli studenti della SUF hanno visitato Firenze e nella fitta agenda della “Family week” anche un itinerario degli artigiani fiorentini. Vedere le sapienti mani degli ultimi artigiani fiorentini a lavoro suscita sempre un forte stupore. E  che meraviglia la carta fiorentina, le spille d’argento a forma di   Palazzo Vecchio o l’intarsio a foglia d’oro! Se non è arte che cosa è?  

http://www.flickr.com/photos/suflorence/sets/72157632994719534/

 

www.fondazioneartigianato.it e in lingua inglese: www.fondazioneartigianato.it/en/home.html

This entry was posted in Events and the City. Bookmark the permalink.